Lavoro domestico in nero: effetti, rischi e rimedi.

L'Italia, e in modo particolare la nostra Liguria, è un Paese destinato ad invecchiare sempre di più, con una crescente necessità di servizi, spesso non supportata adeguatamente dagli investimenti della pubblica amministrazione. Solo una famiglia su cinque che ospita in casa una persona con limitazioni funzionali riesce tra 1000 difficoltà ad usufruire di servizi pubblici a domicilio. Oltre il 70% non fa affidamento ad alcun aiuto, né pubblico né privato.

Tante famiglie che si trovano a fronteggiare una tale emergenza, per svariati motivi che andremo ad approfondire di seguito, scelgono incautamente di ricorrere ad un aiuto irregolare, alimentando il sottobosco allarmante dei lavoratori fantasma, che, secondo stime approssimative (vista la natura sommersa del fenomeno), registra circa un milione di badanti che svolgono la propria attività “in nero”.

Il lavoro domestico, quindi quello della badante, è la tipologia maggiormente interessata dal fenomeno dell’irregolarità. La possibilità di controlli è abbastanza remota, visto che gli ispettori del lavoro o dell’Inps non possono irrompere nelle case private, come invece fanno nelle aziende, per via delle leggi che tutelano la privacy del domicilio. In assenza di denuncia da parte dello stesso lavoratore o di intoppi e divergenze, il rapporto in nero teoricamente può proseguire indisturbato.


Perché molti collaboratori domestici sono pagati in nero?

Gli studi statistici riproducono costantemente una situazione allarmante: secondo le stime ISTAT il 57% dei collaboratori domestici lavora in nero. Perché accade questo? Cosa spinge una badante, una colf, una baby-sitter a preferire un rapporto di lavoro irregolare?

Talvolta sono gli stessi lavoratori a preferire di non essere contrattualizzati a norma di legge, secondo quanto previsto dal CCNL Colf/Badanti, che regolamenta ogni aspetto del lavoro domestico.

Questi sono i motivi più frequenti:

  • La paura di perdere una pensione o eventuali altre indennità e forme varie di sostegno al reddito;
  • L’errata convinzione che, con più datori di lavoro, sia sufficiente avere una busta paga in regola solo con uno di essi;
  • L’errata convinzione che, dopo un periodo di tempo di lavoro in nero, una eventuale emersione potrebbe comportare una serie di controlli ed eventuali sanzioni correlate alla situazione pregressa;
  • Il timore di far perdere l'assegno familiare al parente per il quale si risulta iscritti a carico;
  • Un lavoro regolarmente contrattualizzato, e il guadagno da esso derivante, potrebbe ridimensionare o annullare l'assegno di mantenimento che si percepisce da separati o divorziati;
  • La possibilità di dover pagare le tasse, superata una certa soglia di guadagno complessivo annuale;
  • Il bisogno di percepire un guadagno più alto subito, al fine di avere una maggiore liquidità per fare fronte ad esigenze quotidiane ed improrogabili;
  • La semplice ignoranza dei diritti che si possono avere con un contratto di lavoro regolare (es. assenze retribuite come ferie, malattia, maternità...)

In ognuno di questi casi, nessun motivo giustifica la scelta di lavorare in nero. Un contratto in regola, non è solo un diritto ma anche un dovere che il dipendente deve condividere con il datore di lavoro.

Esistono poi rischi concreti per il collaboratore domestico che si fa pagare sottobanco: potrebbe essere tenuto a risarcire lo Stato di pensioni o indennità ricevute, avendo falsato il proprio reddito e non avendo quindi dichiarato l’effettivo stato della sua retribuzione.


Perché i datori di lavoro preferiscono retribuire in nero i propri collaboratori domestici?


Se da una parte può essere il dipendente a chiedere di essere pagato in nero, esiste anche un’ampia parte di datori di lavoro che pagano cash e non propongono alcun tipo di contrattualizzazione.

La motivazione principale è quella di un apparente risparmio, sottraendosi al versamento dei contributi e al pagamento di benefici contrattuali come T.F.R, tredicesima, ferie, malattia.

Vi è poi il timore di perdere eventuali indennità: dimostrare apertamente che si riesce a pagare un collaboratore domestico, potrebbe far decadere il diritto a determinati benefici fiscali.

Invece, avvalendosi di un collaboratore irregolare, il datore di lavoro incorre in un rischio molto grande, perché avvalendosi irregolarmente della propria colf/badante, può essere soggetto a pesanti sanzioni ed alla concreta possibilità di trovarsi coinvolto in una vertenza.

Ripeteremo fino alla nausea che la contrattualizzazione secondo legge è una regola che non ha altre possibili chiavi di lettura: non è una semplice opzione, ma un dovere dal punto di vista legale ed etico, a tutela sia del datore di lavoro che dei suoi dipendenti.


Cosa rischia un datore di lavoro che non regolarizza i propri collaboratori domestici?

Le conseguenze di tale malsano comportamento non ricadono nel penale, ma prevedono una serie di sanzioni amministrative.

In particolare:

  • Se la badante ha svolto attività irregolare fino a 30 giorni, c’è una sanzione da un minimo € 1.800 a un massimo € 10.800;
  • Se la badante ha svolto attività irregolare fino a 60 giorni, la sanzione parte da un minimo di € 3.600 e arriva ad un massimo di € 21.600;
  • Se la badante ha svolto lavoro irregolare per oltre 60 giorni, la sanzione oscilla tra un minimo di € 7.200 euro e un massimo di € 43.200.
  • Inoltre, se la badante è una straniera irregolare, non munita di permesso di soggiorno, il datore di lavoro commette un reato ben peggiore e rischia di incorrere in una incriminazione penale.

Occorre poi considerare altri importanti rischi per chi fa lavorare una badante in nero. Il primo scatta in caso di infortunio sul lavoro: se la lavoratrice infatti non è assicurata, il datore di lavoro deve rispondere del danno fisico patito dall’interessata risarcendone tutte le conseguenze, pagando anche migliaia di euro in conseguenza, ad esempio, di una frattura non grave.

Un ulteriore rischio per il datore di lavoro che non abbia regolarizzato la badante, è rappresentato dalla possibilità che quest'ultima possa effettuare una vertenza nei suoi confronti, arrivando ad esigere, in mancanza di tracciabilità, tutti gli stipendi anche se li ha ricevuti in nero, ovvero in contanti. La badante ha il diritto di richiedere tale rimborso fino a 5 anni dalla conclusione del rapporto lavorativo.

Oltre al fornire eventualmente tutti gli stipendi non pagati, il datore di lavoro incauto sarà tenuto a:

  • Versare i contributi previdenziali all'INPS, per l’intero periodo di servizio prestato;
  • Rilasciare il TFR, ovvero il trattamento di fine rapporto, che viene calcolato come una mensilità di stipendio per ogni anno di impiego;
  • Pagare le ferie non effettuate ed i ratei di tredicesima mensilità;
  • Fornire anche la indennità di preavviso in virtù della cessazione del rapporto di lavoro.

La badante può richiedere tutto questo rivolgendosi o ad un tribunale ordinario, oppure ad un Ispettorato Del Lavoro che, in genere, svolge una funzione di mediazione tra badante e datore di lavoro, in modo da favorire che venga dato ciò che spetta alla badante senza ulteriori passaggi amministrativi.

Si tratta di scenari ipotetici, ma assolutamente realistici che devono far riflettere chi continua a pagare brevi manu.


Quali sono i vantaggi di un contratto regolare?

Stipulando un regolare contratto con la propria badante/colf, fondamentalmente si rispetta la legge e ci si mette al riparo da pesanti sanzioni e dal pericolo di vertenze.

Sia il datore di lavoro, sia il collaboratore domestico sono tutelati e ogni diritto viene garantito, come previsto e richiesto dalla normativa vigente.

Inoltre, è importante ricordare che, in presenza di regolare assunzione, è possibile beneficiare di detrazioni fiscali e che si può anche accedere ad aiuti specifici (indennità di accompagnamento, contributi da INPS, Regione ecc).

Perciò, sia il dipendente dovrebbe aspirare alla propria regolarizzazione a norma di legge, sia il datore di lavoro dovrebbe pretendere che il proprio collaboratore domestico sia concorde nell’essere regolarizzato, escludendo qualsiasi altro escamotage.

Concludendo, a fronte dei rischi, consideriamo che la assunzione regolare di una badante sia la soluzione da intraprendere, rivolgendosi ad un Consulente del Lavoro, al proprio CAF di fiducia o alla più vicina agenzia di Progetto Assistenza & Professione In Famiglia.